Questo articolo, realizzato dall’avv. Eleonora Viganò, conclude il mini ciclo dedicato ai profili di responsabilità della figura dell’ingegnere libero professionista e dell’ingegnere dipendente. Profilo del tutto differente dall’ingegnere libero professionista è quello dell’ingegnere che, anche se in possesso dell’esame di abilitazione anche se iscritto all’albo professionale, svolge la propria attività alle dipendenze di terzi.In tale caso, nessuna delle disposizioni e delle regole esposte nell’articolo L’Ingegnere libero professionista e i profili di responsabilità troveranno applicazione, venendo a mancare il presupposto principale: il rapporto diretto fra l’ingegnere ed il cliente finale.L’ingegnere dipendente infatti intrattiene il proprio rapporto professionale unicamente con il soggetto datoriale; rapporto lavorativo che sarà regolato dalla lettera d’assunzione e dal contratto collettivo di riferimento.Il cliente finale invece intratterrà il rapporto (d’appalto, o di opera intellettuale a seconda dei casi) direttamente con il soggetto datoriale: pertanto, alcuna responsabilità diretta potrà essere imputata dal cliente finale all’ingegnere dipendente. Piuttosto, per le responsabilità professionali di quest’ultimo risponderà il datore di lavoro ai sensi di quanto prescritto dall’art. 2049 c.c.
È infatti principio generale del nostro ordinamento, sancito dalla norma prevista dall’art. 2049, quello secondo il quale “i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”.Il principio richiede alcune precisazioni, sia al fine di rendere attuali i concetti espressi dal legislatore del lontanissimo 1942, anno di pubblicazione del nostro codice civile, sia al fine di dare il necessario rilievo alle interpretazioni giurisprudenziali pacificamente maturate in argomento.
La responsabilità del committente è subordinata al concorso di due requisiti:
1. che il dipendente agisca su richiesta e per conto del committente, indipendentemente dalla permanenza dell’incarico e dalla continuità della prestazione, e
2. che lo stesso sia legato da un vincolo di subordinazione nei confronti del committente, al quale ultimo corrisponda un potere di direzione e sorveglianza sull’opera del primo.
Vincolo di subordinazione, si è detto, anche se di carattere occasionale e temporaneo, che può addirittura prescindere dalla esistenza di un rapporto di lavoro: infatti, il fondamento della responsabilità del committente va ricercato anche non solo nella formale esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, bensì nel rapporto di fatto che si istituisce quando, per volontà del committente, il commesso esplica una attività per il di lui conto e sotto il di lui potere.
Ed allora, il principio di cui qui si tratta può oggi leggersi con altri termini: sussiste a carico dell’imprenditore la responsabilità, ai sensi dell’art. 2049 c.c., per gli atti illeciti produttivi di danni a terzi compiuti dalle persone che, a prescindere da qualifiche o mansioni rivestite, siano inserite, anche se temporaneamente o occasionalmente, nell’organizzazione aziendale ed abbiano agito, in questo contesto, su richiesta, per conto e sotto la sorveglianza dell’imprenditore.
Articolo dell’avv. Eleonora Viganò curatrice della rubrica Ingegneria e Diritto della rivista Ingegneri